Definizione di un metodo standard per l’utilizzo della volumetria ippocampale come biomarker diagnostico per la malattia di Alzheimer

Amygdala-Caudate-HippocampusAutore/i del lavoro candidato: Marina Boccardi

SINTESI CONTENENTE UNA BREVE DESCRIZIONE DEL LAVORO SVOLTO E DEI RISULTATI OTTENUTI: Marina Boccardi ha contribuito al design (Boccardi et al., Alzheimers Dement 2015;11:184-94; JON 2014;24:509-14), interamente coordinato, concluso e pubblicato il progetto ideato da Giovanni Frisoni mirato alla definizione di un metodo standard per la volumetria ippocampale, riconosciuta come biomarcatore per la malattia di Alzheimer (AD). La volumetria ippocampale, ottenuta da risonanza magnetica cerebrale ad alta risoluzione, permette diagnosi e monitoraggio di progressione dell’AD, ma, come investigato in un lavoro preliminare allo studio, le tecniche di misurazione disponibili sono così eterogenee che non ne consentono l’effettivo utilizzo
(Boccardi et al., J Alzheimers Dis. 2011;26 Suppl 3:61-75). Nell’ambito del progetto di “armonizzazione” dei protocolli di volumetria ippocampale, Marina Boccardi ha condotto il Delphi panel che ha consentito alla comunità internazionale di esperti del settore di raggiungere un consenso basato sull’evidenza (Boccardi et al., Alzheimers Dement 2015;11:126-38) su un metodo ottimale per la sensibilità rispetto all’atrofia causata dalla malattia di Alzheimer, e per l’affidabilità nell’applicazione da parte di persone e laboratori diversi e remoti. I risultati della validazione del metodo (Frisoni et al., Alzheimers Dement 2015;11(2):111-25) hanno mostrato una affidabilità massima della tecnica, anche quando misurata con metriche estremamente restrittive (es.: coefficiente di correlazione intraclasse assoluto, che è risultato arrivare a 0.90 per laboratori remoti) e validità anche verso l’esame autoptico (Apostolova et al., 2015). M Boccardi ha coordinato tutte le fasi del progetto, conducendo il gruppo internazionale alla pubblicazione di uno Special Issue dedicato su Alzheimers & Dementia, e alla pubblicazione di importanti servizi e strumenti attualmente a disposizione della comunità scientifica e delle aziende, su http://www.hippocampal-protocol.net. L’utilizzo dei biomarcatori per l’AD rivoluzionerà la gestione delle malattie neurodegenerative, che potranno pertanto essere diagnosticate e monitorate affidabilmente in vivo, in modo analogo ad altre malattie, come epatiti o tumori, permettendo così anche una diagnosi precoce e addirittura preclinica. Con questo studio italiano, la volumetria ippocampale è il primo, fra tutti i biomarcatori attualmente riconosciuti per la diagnosi e il monitoraggio dell’AD, a disporre di uno standard di rilevazione e misurazione affidabile e soddisfacente per il concreto utilizzo clinico riconosciuto a livello globale. L’impatto internazionale di questo studio dal coordinamento italiano si sta già ripercuotendo a numerosi livelli. A livello di ricerca, l’utilizzo di questo standard permette la comparabilità di studi diversi, aspetto fondamentale per l’identificazione di farmaci efficaci. Questa armonizzazione ha inoltre fornito il modello teorico e metodologico per procedere nella armonizzazione dei “subfield” ippocampali, ugualmente promettenti a livello diagnostico (Yushkevitch et al., 2015). A livello
clinico, questo studio permetterà ai pazienti che richiedono una diagnosi per i propri disturbi cognitivi di accedere ad un metodo avanzato ed affidabile che, per la prima volta nell’ambito delle malattie neurodegenerative e del neuroimaging, può fornire un parametro clinico oggettivo a supporto della diagnosi, caratterizzato dalla medesima affidabilità che siamo abituati ad avere per analisi ematiche o glicemiche. A livello di sviluppo tecnologico, i prodotti delle ultime fasi (Bocchetta et al., 2015; Duchesne et al, 2015; Boccardi et al., 2015;11(2):175-83) del progetto sul protocollo armonizzato per la volumetria ippocampale stanno già permettendo l’implementazione di algoritmi automatici che estraggono la volumetria ippocampale in modo automatizzato e standard, nell’ambito di un movimento innovativo prettamente italiano (Tangaro et al, Phys Med. 2014;30(8):878-87; Chincarini et al., NIMG-15-1465R2, Accepted, Oct 2, 2015). Questo consentirà in tempi brevi di disporre di strumenti capaci di rilevare e misurare questo biomarcatore in modo economico e diffuso, in quanto
tali algoritmi potranno essere utilizzati da qualsiasi centro di analisi, e non solo da personale altamente specializzato in un numero molto limitato di centri esperti per l’AD. La conseguenza ultima di questo studio si rifletterà a livello socioeconomico, accelerando lo sviluppo delle terapie in corso di
sperimentazione (molti farmaci hanno fallito in passato per l\’errata inclusione dei pazienti su cui testarli, in quanto la loro diagnosi non si basava sui biomarcatori), una diagnosi più precoce ed appropriata, un miglioramento della gestione clinica, un accesso più razionale e cost-effective del paziente a terapie, servizi, o ulteriori esami strumentali. Il successo ottenuto da questo progetto supporta in modo concreto la previsione delle forti ripercussioni positive della standardizzazione dei biomarcatori per AD sul Sistema Sanitario Nazionale in Italia e a livello globale.